Capitolo 2 | Lo stagista-scudiero

Un giorno al villaggio arrivò un Cavaliere Senza Paura, seguito dal suo fido stagista-scudiero. Radunati gli abitanti nella piazza principale, promise loro di portargli la testa dell’orco.
Il Cavaliere non poteva sapere che quella stessa scena si era svolta l’anno prima, e quello prima ancora, e quello prima ancora, e così via. (E forse, anche se l’avesse saputo, non gli sarebbe importato poi tanto, perché era Senza Paura, ed è la paura a rendere prudenti).
Così si insediò nella locanda più bella e incaricò lo stagista-scudiero dei preparativi per la sua impresa eroica. Il giovane precario portò la spada dal fabbro, perché fosse affilata; gli stivali dal calzolaio, perché fossero risuolati; il cavallo dal maniscalco, perché fosse ferrato per la battaglia. Ma, proprio davanti alla bottega, un cane e un gatto presero ad azzuffarsi tra le zampe della bestia che, imbizzarrita, prese il largo al galoppo. Il povero stagista-scudiero, sapendo che se fosse successo qualcosa al cavallo il costo sarebbe stato decurtato dal suo rimborso spese, si mise a rincorrerlo per le strade del villaggio, per le campagne, attraverso il bosco, sopra le colline e infine oltre.
Oltre le alture si estendeva una foresta fitta e uniforme, come lo scudiero non ne aveva mai viste: gli alberi, tutti alti uguali, crescevano a intervalli regolari in file sterminate. Lo spazio tra di essi sembrava misurato per lasciare a ogni pianta solo lo stretto, strettissimo necessario.

“Che stregoneria è mai questa?” mormorò lo stagista-scudiero, esitando sul limitare di quella strana foresta. Ma poi, siccome il cavallo ci si era infilato, si risolse a entrare.